La società moderna ci ha regalato un paradosso: più comfort abbiamo, meno motivati siamo. Più scelte ci vengono offerte, meno soddisfatti diventiamo. È questo il cuore di una crisi motivazionale che sta colpendo milioni di persone, soprattutto i giovani.

Un’epidemia silenziosa di demotivazione

I numeri parlano chiaro e dipingono un quadro allarmante. In Italia, oltre 16 milioni di persone lamentano disturbi psicologici di media e grave entità, con un incremento del 6% rispetto al 2022. Ma il dato più preoccupante riguarda i giovani: il 49,4% degli italiani tra i 18 e i 25 anni dichiara di aver sofferto di ansia e depressione negli anni successivi alla pandemia.

Il fenomeno non si limita all’Italia. Nell’Unione Europea, circa 11,2 milioni di bambini e giovani fino a 19 anni soffrono di problemi di salute mentale. Tra i 15-19 anni, l’8% soffre di ansia e il 4% di depressione. Il suicidio è diventato la seconda causa di morte in questa fascia d’età, dopo gli incidenti stradali.

Ma cosa sta succedendo? Come è possibile che in un’epoca di benessere senza precedenti, le persone si sentano così demotivate e insoddisfatte?

Il meccanismo nascosto della demotivazione

Per comprendere questo fenomeno, dobbiamo partire da un concetto fondamentale: l’insoddisfazione è il motore dell’azione umana. Quando non abbiamo qualcosa che desideriamo, il nostro cervello si attiva per trovare soluzioni, elaborare strategie, superare ostacoli. Questo processo non solo ci fa raggiungere i nostri obiettivi, ma rafforza anche la nostra capacità di problem-solving e aumenta la sensazione di realizzazione personale.

La società dell’abbondanza ha interrotto questo meccanismo naturale. Quando tutto ci viene fornito facilmente – dal cibo alla sicurezza, dall’intrattenimento alle relazioni virtuali – la nostra mente non si “allena” più a cercare soluzioni. È come un muscolo che, non venendo utilizzato, si atrofizza.

Il paradosso dello psicologo Barry Schwartz ci insegna che l’eccesso di scelte può paralizzarci invece che liberarci. Quando abbiamo troppe opzioni – dai prodotti da acquistare ai percorsi di vita da intraprendere – il processo decisionale diventa più difficile, non più facile. Il risultato? Indecisione, rimpianti e, alla fine, apatia.

L’illusione del comfort totale

Viviamo in quello che alcuni sociologi definiscono “l’età dell’infantilismo tardivo” – una società dove tutto sembra essere progettato per renderci la vita più facile, comoda e gratificante per i sensi. Ma questa facilità ha un costo nascosto: ci priva del senso di conquista e realizzazione che deriva dal superare le difficoltà.

Pensate ai nostri antenati: ogni giorno dovevano affrontare sfide concrete per sopravvivere. Trovare cibo, costruire ripari, proteggersi dai pericoli. Ogni problema risolto era una vittoria, ogni ostacolo superato aumentava la fiducia in se stessi. Oggi, molte di queste sfide sono state eliminate o automatizzate.

Il fenomeno del “brownout” lavorativo – quella forma di demotivazione dove i dipendenti perdono interesse per il lavoro pur continuando a svolgerlo – è un esempio perfetto di questo meccanismo. Quando il lavoro diventa ripetitivo e privo di sfide significative, la mente si spegne gradualmente.

I giovani: vittime privilegiate del paradosso

I dati mostrano che i giovani sono i più colpiti da questa crisi motivazionale. Il 51,8% dei giovani italiani dichiara di soffrire di stati d’ansia o depressione, contro il 40,8% degli adulti e il 19% degli over 65. Non è un caso.

I giovani di oggi sono cresciuti in un mondo dove:

  • L’accesso all’informazione è istantaneo (ma questo ha creato il paradosso della “biblioteca di Babele” borgiana: troppa informazione diventa rumore)
  • Le gratificazioni sono immediate (social media, streaming, e-commerce)
  • Le scelte sembrano infinite (dalla carriera ai partner, dai prodotti agli stili di vita)
  • I problemi concreti sono stati risolti (almeno quelli materiali basilari)

Questa generazione si trova a navigare in un mare di possibilità senza bussola, con la pressione di dover scegliere continuamente ma senza gli strumenti emotivi per gestire questa libertà.

La scienza dietro il fenomeno

La neuroscienza ci spiega che il nostro cervello è programmato per rispondere alle sfide e alle ricompense. Quando tutto ci viene dato facilmente, i circuiti della ricompensa si “abituano” e richiedono stimoli sempre più intensi per attivarsi. È lo stesso meccanismo che sta alla base delle dipendenze.

Inoltre, la costante esposizione a stimoli (social media, notifiche, intrattenimento) crea quello che gli psicologi chiamano “congestione cognitiva”. Il cervello, sovraccarico di informazioni, entra in una modalità di protezione che si manifesta con apatia e disinteresse.

La ricerca ha dimostrato che le persone con meno scelte disponibili tendono a essere più soddisfatte delle proprie decisioni. In un esperimento, studenti universitari che sceglievano tra 6 opzioni di cioccolatini si dichiaravano più soddisfatti rispetto a chi aveva 30 opzioni disponibili.

Dal problema alla soluzione: riscoprire l’insoddisfazione costruttiva

Come possiamo uscire da questo paradosso? La risposta non è tornare indietro nel tempo, ma imparare a gestire l’abbondanza in modo intelligente. Ecco alcune strategie pratiche:

1. Abbracciare l’insoddisfazione selettiva

Non tutte le insoddisfazioni sono negative. Identificate aree della vostra vita dove sentite che manca qualcosa – non necessariamente beni materiali, ma esperienze, competenze, relazioni profonde. Queste “lacune” possono diventare motori di crescita personale.

2. Limitare volontariamente le scelte

Paradossalmente, ridurre le opzioni disponibili può aumentare la soddisfazione. Create delle “regole” personali che limitino le scelte: per esempio, decidete in anticipo dove fare la spesa, che tipo di contenuti consumare online, o quante app avere sul telefono.

3. Cercare sfide progressive

Il cervello ha bisogno di sfide per rimanere attivo e motivato. Cercate attività che richiedano sforzo graduale: imparare una nuova abilità, praticare uno sport, dedicarsi a un hobby complesso. L’importante è che la difficoltà sia proporzionata alle vostre capacità attuali.

4. Praticare la “detox digitale”

Riducete l’esposizione agli stimoli costanti. Create momenti della giornata senza notifiche, social media o intrattenimento passivo. Questo permette al cervello di “riposare” e di riscoprire la capacità di concentrazione.

5. Coltivare relazioni reali

Le relazioni virtuali, per quanto comode, non possono sostituire completamente quelle reali. Investite tempo ed energia in rapporti che richiedono sforzo, empatia e presenza fisica.

Il valore nascosto del “meno è meglio”

La società sta lentamente prendendo consapevolezza di questo paradosso. Come osserva il rapporto del CENSIS, stiamo entrando in una terza fase dell’evoluzione sociale: dopo il “more and more” (più e più) del dopoguerra e il “more and better” (più e meglio) degli anni del boom, ora emerge il bisogno di “less and better” (meno e meglio).

Questo non significa tornare alla povertà, ma imparare a scegliere consapevolmente cosa includere nella nostra vita e cosa escludere. Significa riscoprire il valore della scarsità controllata, della sfida volontaria, dell’impegno a lungo termine.

Trasformare l’abbondanza in opportunità

Il paradosso dell’abbondanza non è una condanna, ma un’opportunità per evolverci come esseri umani. La consapevolezza di questo meccanismo è il primo passo per superarlo.

La vera libertà non sta nell’avere infinite scelte, ma nella capacità di scegliere consapevolmente. La vera ricchezza non è l’assenza di problemi, ma la capacità di affrontarli costruttivamente. La vera soddisfazione non deriva dall’ottenere tutto facilmente, ma dal conquistare ciò che veramente vale la pena.

L’insoddisfazione, quindi, non è sempre un nemico da combattere. A volte è un alleato prezioso che ci spinge verso la crescita, la scoperta, la realizzazione autentica. In un mondo che ci offre tutto, dobbiamo imparare l’arte di dire “no” a ciò che non serve e “sì” a ciò che ci fa crescere.

Solo così potremo trasformare l’abbondanza da prigione dorata in trampolino di lancio verso una vita più piena e significativa.