Quando le guerre diventano “normali”

Nov 12, 2023 | Attualità

La “normalizzazione dell’abnorme” è un concetto psicologico e sociologico che descrive il processo attraverso il quale eventi, comportamenti o situazioni inizialmente percepiti come anormali o estremi diventano, nel tempo, considerati normali o accettabili dalla società o dagli individui. Questa transizione nella percezione può avvenire per diverse ragioni, spesso legate all’esposizione ripetuta e prolungata a determinate circostanze.

Per dare un esempio di come si produce questo fenomeno:

  1. Desensibilizzazione: L’esposizione ripetuta a eventi traumatici o estremi può portare a una ridotta reattività emotiva. Nel contesto delle guerre, ad esempio, la costante esposizione a notizie di violenza e distruzione può ridurre la sensibilità individuale a tali eventi, facendoli percepire come meno scioccanti o anormali.
  2. Adattamento alla Nuova Normalità: Gli esseri umani hanno una notevole capacità di adattarsi alle loro circostanze. Quando ci si abitua a una situazione, anche se inizialmente percepita come negativa o estrema, questa può iniziare a sembrare meno straordinaria.
  3. Influenza Sociale e Culturale: La percezione collettiva di ciò che è normale è fortemente influenzata da fattori sociali e culturali, inclusi i media, l’educazione e le norme sociali prevalenti. Se un comportamento o una situazione vengono normalizzati in questi contesti, gli individui possono iniziare a vederli come meno anormali o problematici.
  4. Razionalizzazione: Per gestire il disagio cognitivo di confrontarsi con situazioni estreme, le persone possono ricorrere alla razionalizzazione, giustificando o minimizzando la gravità di una situazione per renderla più accettabile o meno allarmante.
  5. Effetto dell’Overton Window: Questo concetto descrive come la gamma di idee accettabili nel discorso pubblico possa cambiare nel tempo. Qualcosa che inizialmente è fuori dalla “finestra” di accettazione può, attraverso vari processi sociali e mediatici, diventare accettato o persino standard.

Nel contesto delle guerre prolungate, la “normalizzazione dell’abnorme” può avere gravi implicazioni, come la diminuzione dell’attenzione pubblica e politica, la riduzione degli sforzi umanitari e la perpetuazione del conflitto senza una soluzione. Questo concetto sottolinea l’importanza di rimanere consapevoli e critici nei confronti della nostra percezione e reazione agli eventi mondiali, indipendentemente dalla loro durata o frequenza.

Psicologia dietro il processo di “normalizzazione”

L’analisi dei meccanismi psicologici dietro la normalizzazione dell’abnorme è fondamentale per comprendere come situazioni estreme o anormali possono essere gradualmente percepite come normali. Ecco alcuni aspetti chiave:

  1. Desensibilizzazione: Questo è uno dei meccanismi più diretti. Con l’esposizione ripetuta a immagini, notizie o situazioni traumatiche, le persone possono diventare meno sensibili o reattive a queste stimolazioni. Questo fenomeno è particolarmente rilevante nell’era dei media digitali, dove l’esposizione a eventi traumatici può essere costante e onnipresente.
  2. Effetto dell’Esposizione Ripetuta: La familiarità generata dall’esposizione continua ad un certo stimolo può ridurre la sua novità e, di conseguenza, l’impatto emotivo. Nel contesto di conflitti prolungati, ad esempio, la costante esposizione a notizie di guerra può rendere queste situazioni meno scioccanti col passare del tempo.
  3. Focalizzazione su Problemi Immediati: Gli esseri umani tendono a concentrarsi su questioni che percepiscono come immediate o direttamente rilevanti per la loro vita personale. Ciò può portare a una sorta di “affaticamento compassionevole”, dove le questioni più lontane o prolungate ricevono meno attenzione emotiva.
  4. Adattamento Psicologico: Le persone hanno una notevole capacità di adattarsi alle loro circostanze, anche in situazioni avverse. Questo adattamento può portare a una normalizzazione psicologica di situazioni che, in altre circostanze, sarebbero considerate estreme o inaccettabili.
  5. Dissonanza Cognitiva: Quando le persone sono confrontate con informazioni o situazioni che contrastano con le loro credenze o aspettative, possono sperimentare dissonanza cognitiva. Per risolvere questa tensione, possono modificare la loro percezione della realtà per renderla più coerente con le loro credenze, contribuendo così al processo di normalizzazione.
  6. Bias di Conferma: Questo bias (preconcetto di conferma) porta le persone a cercare, interpretare, favorire e ricordare le informazioni in modo da confermare le proprie credenze preesistenti. Nel contesto della normalizzazione dell’abnorme, ciò può significare ignorare o minimizzare le informazioni che rivelano l’estremità di una situazione.
  7. Effetto della finestra di “Overton”: Come accennato in precedenza, la Finestra di Overton descrive la gamma di idee accettabili in un determinato momento e come questa gamma può cambiare. Le situazioni o le idee possono diventare “normalizzate” se entrano in questa finestra di accettabilità.

Comprendere questi meccanismi psicologici aiuta a spiegare come situazioni inizialmente scioccanti o inaccettabili possano diventare percepite come normali, un fenomeno che ha importanti implicazioni sia a livello individuale che collettivo.

Impatto sui conflitti prolungati

La normalizzazione di guerre prolungate può portare a:

  1. Desensibilizzazione del Pubblico: Minore sensibilità e attenzione da parte del pubblico ai conflitti, riducendo la pressione per soluzioni pacifiche.
  2. Cambiamenti nelle Politiche Governative: I governi possono diventare meno inclini ad intervenire o risolvere i conflitti visti come “normali”.
  3. Riduzione degli Aiuti Umanitari: Diminuzione del sostegno e dei finanziamenti per gli aiuti in zone di guerra a causa della minore attenzione mediatica.
  4. Ostacoli agli Sforzi di Pace: Minore urgenza e impegno nella ricerca di soluzioni pacifiche a conflitti visti come parte della norma.

In breve, la normalizzazione di conflitti prolungati può influenzare negativamente la risposta umanitaria, gli sforzi di pace e le decisioni politiche.

Ma c’è una verità che non può essere negata: le guerre al di là delle ragioni che le scatenano causano morti da entrambe le parti del conflitto.

Ruolo dei Blog e dei Social Media e del Giornalismo

Il ruolo dei blog, dei social media e del giornalismo cittadino nella copertura delle guerre è diventato sempre più rilevante e complesso:

  1. Accesso Diretto alle Informazioni: Blog e social media permettono ai singoli individui, inclusi i testimoni diretti nei territori di guerra, di condividere informazioni in tempo reale, offrendo una prospettiva più diretta e personale rispetto ai canali tradizionali.
  2. Diversificazione delle Prospettive: Questi mezzi possono offrire una varietà di punti di vista, comprese voci che potrebbero essere trascurate dai media mainstream. Ciò può arricchire il discorso pubblico fornendo una comprensione più sfumata e multiforme del conflitto.
  3. Problemi di Verifica e Affidabilità: Tuttavia, la natura aperta e non regolamentata di questi canali può anche portare a sfide nella verifica delle informazioni. La disinformazione e la propaganda possono diffondersi rapidamente, rendendo difficile per il pubblico discernere fatti accurati.
  4. Risonanza e Amplificazione: I social media hanno la capacità di amplificare significativamente determinate storie o prospettive, a volte a scapito di una comprensione equilibrata. Ciò può portare a una visione distorta della realtà del conflitto.
  5. Mobilizzazione e Sensibilizzazione: Blog e social media possono essere strumenti potenti per la sensibilizzazione e la mobilizzazione. Hanno il potenziale di stimolare l’azione pubblica e influenzare l’opinione pubblica e la politica.
  6. Impatto sui Narrativi del Conflitto: La narrazione e la percezione dei conflitti possono essere notevolmente influenzate da ciò che viene condiviso attraverso questi canali. Storie virali o immagini potenti possono diventare simboli del conflitto, influenzando la comprensione pubblica e l’atteggiamento nei confronti della guerra.

In conclusione, blog e social media giocano un ruolo sempre più importante nella copertura dei conflitti, offrendo un accesso senza precedenti a una varietà di prospettive, ma presentano anche sfide significative in termini di affidabilità e imparzialità delle informazioni.

Conflitto tra Interesse Pubblico e Sicurezza Nazionale

Il “Conflitto tra Interesse Pubblico e Sicurezza Nazionale” si riferisce ad un delicato equilibrio tra il diritto del pubblico di essere informato su questioni importanti e la necessità di proteggere la sicurezza nazionale. Questa dinamica diventa particolarmente critica quando si tratta di divulgare informazioni che potrebbero avere implicazioni per la sicurezza o riguardano materiale classificato:

  1. Divulgazione di Informazioni: Da un lato, c’è l’importanza della trasparenza e dell’accountability nel fornire al pubblico informazioni essenziali, soprattutto in democrazia. Dall’altro, la divulgazione di certe informazioni può compromettere operazioni di sicurezza, mettere in pericolo vite o minare la politica estera.
  2. Bilanciamento dei Rischi: I governi devono valutare costantemente il rischio di divulgare informazioni rispetto ai benefici della trasparenza. Ciò richiede un’attenta considerazione degli impatti potenziali sulle operazioni di sicurezza e sulla società.
  3. Questioni Etiche e Legali: Il conflitto solleva importanti questioni etiche e legali, compreso il diritto del pubblico di sapere e i limiti della segretezza governativa.

Per dirlo in parole semplici la gestione di questo equilibrio richiede una considerazione attenta e continua delle implicazioni di sicurezza, dei diritti civili e delle responsabilità democratiche.

Cosa fare di fronte alla “normalizzazione dell’abnormità della guerra”?

La sensibilità e l’umanità sono due qualità fondamentali dell’essere umano. Sono ciò che ci rende capaci di provare empatia, compassione e amore per gli altri. Sono ciò che ci motiva a fare del bene e a costruire un mondo migliore.

Per non perdere la nostra sensibilità e la nostra umanità, è importante:

  • Essere consapevoli di noi stessi e delle nostre emozioni. È importante sapere cosa proviamo e perché lo proviamo. Questo ci permette di comprendere meglio noi stessi e gli altri.
  • Essere aperti all’esperienza. È importante essere disposti a provare cose nuove e a conoscere persone diverse. Questo ci permette di ampliare i nostri orizzonti e di vedere il mondo da prospettive diverse.
  • Essere compassionevoli. È importante provare compassione per gli altri, anche per coloro che sono diversi da noi. Questo ci permette di costruire relazioni significative e di creare un mondo più giusto e solidale.

La normalizzazione dell’abnormità della guerra quindi (come abbiamo visto in questo articolo) è un fenomeno pericoloso che può avere conseguenze molto negative. È importante essere consapevoli di questo fenomeno e fare in modo di non esserne influenzati.

Bisogna continuare a indignarsi di fronte alla guerra. Lo si può fare solo se:

  • Riusciamo ad informarci in modo critico sulle notizie. È importante non farsi condizionare dalla propaganda e dalle notizie superficiali. Quando guardiamo le immagini di guerra, dobbiamo fermarci a riflettere su ciò che stiamo vedendo e chiederci il significato di queste immagini.
  • Partecipiamo a iniziative di sensibilizzazione. Ci sono molte organizzazioni che si occupano di promuovere la pace e la giustizia. Partecipare a queste iniziative ci aiuta a mantenere viva la consapevolezza del dramma della guerra.
  • Sosteniamo le organizzazioni umanitarie che operano nei conflitti. Il loro lavoro è fondamentale per aiutare le vittime della guerra.

Ognuno di noi può fare la sua parte per contrastare la normalizzazione dell’abnormità della guerra. Dobbiamo continuare a vedere la guerra come un evento tragico e orribile, e dobbiamo continuare a impegnarci per fermare i conflitti e costruire un mondo di pace.

La normalizzazione delle guerre è un fenomeno psicologico (inaccettabile) che ci disumanizza e ci rende peggiori delle bestie.

La pace richiede impegno non la guerra…